domenica 15 aprile 2012

Diaz, 15 Aprile 2012.


Il teatro all'italiana prevede un palcoscenico con un'inclinazione non indifferente, 7, 10, 15 gradi, a volte anche di più. Questo fa sì che l'agire su un detto palco sia fisicamente faticoso e si tenda a cadere in avanti. Il teatro Valle a Roma ha uno dei palchi più inclinati d'Italia, impegnativo ma molto bello, io l'ho scoperto nel '97 facendo uno spettacolo. Questa estate, nello stesso teatro, adesso occupato, ho visto una rappresentazione di un noto regista genovese sui fatti del G8 di Genova del 2001.

Alla fine, dopo gli applausi, la compagnia invitava il pubblico a dire la propria sulla personale visione, esperienza ed eventuale presenza nei fatti reali. Lo spettacolo aveva toccato molti, parlarono alcuni, quasi tutti raccontando la loro esperienza di manifestazione nel 2001.
Qualcosa, però, non andava. L'argomento, infatti, veniva trattato dal pubblico in maniera quasi salottiera, quasi a sottolineare uno status symbol o un'esotica esperienza di cui parlare con tono ciarliero e sognatore. La serata finì di li a poco tra scrosci di applausi, ma chi andava via dal teatro, cosa portava con se? I ricordi dello spettacolo? Delle immagini forti? Cioè, il succo del discorso quale era? L'impressione mia e dei miei amici, uscendo dal teatro, fu quella di un pubblico con un processo di rimozione in atto. Rimozione di eventi enormi, dolorosissimi, ma pur sempre rimozione.
Un forte bisogno di tornare alla routine familiare, di pensare ad altro.
Ognuno ricordava qualcosa, una corsa, una carica, ma poi parlava di se.

Ieri, 14 aprile, sono stato al cinema a vedere "Diaz".
Ci sono andato per vari motivi. Il primo è perché sono italiano e, una vicenda del genere accaduta sul mio patrio suolo mi riguarda in prima persona. Il secondo è che, per il motivo n.1, nel 2001 io ero a Genova e per un puro caso non sono andato a dormire alla Diaz.

Il film è, secondo me, i miei ricordi e le cronache di chi conosco, anche troppo soft.

Ciononostante scuote la sala, per molti versi ignara di tutto, e smuove le solite polemiche "di costume", ovvero si semplifica tutto con "zecche" manifestanti da una parte e poliziotti "fasci" dall'altra. Chi ha amici o parenti poliziotti li difende, chi ha amici attivisti di qualunque tipo (anche LIPU) fa lo stesso e si torna a casa, tutti un po' più chiusi perché qualcosa è cambiato per chi non sapeva nulla e, a chi era presente, qualcos'altro è stato ricordato. Si passerà poi, dalla sala cinematografica, a dibattere sui social network, la nostra arena.

Nel 2001, come giovani cittadini, nè black block, nè foderati di slogan e bandiere, andammo per il nostro proprio diritto costituzionale, a manifestare ma soprattutto a vedere. Da mesi i media pilotati da Berlusconi dipingevano scenari orribili e violenti con possibilità vicine ai 4 cavalieri dell'apocalisse,  facendo salire la pressione, il ministro dell'interno era quel gentleman di Claudio Scajola (chissà se già gli avevano comprato casa al Colosseo). C'erano cose diverse, il mondo non era ancora cambiato, le torri gemelle erano ancora su e, soprattutto, Trenitalia faceva ancora i biglietti a prezzo fisso per le manifestazioni politiche. 25 mila lire, mi pare, non lo so, lo tengo in un cassetto. Quando arrivammo c'era, ovviamente uno spiegamento immane di forze dell'ordine. Ovunque. Non tutti erano baldanzosi come si può credere, c'erano anche agenti che vestivano il kevlar protettivo per la prima volta, ma noi non potevamo saperlo, erano tanti, ovunque e incutevano un leggero timore. Di sicuro ci sembrò caricassero tutti. Arrivammo il giorno successivo alla morte di Carlo Giuliani, in un'atmosfera indicibile e fu una giornata che non scorderò mai. Il nostro fu un caso, riuscimmo ad evitare botte, quasi tutto il gas e il massacro finale, il pensiero di essere scampato, per il puro intervento del fato, ad una sorte così segnante, ha alimentato, da allora, molte delle mie azioni. Avendo deciso di rimanere nella legalità, quello che ho potuto e voluto fare è stato informarmi il più possibile, sentire, raccontare e non dimenticare. Mai.
Per non dimenticare bisogna documentarsi. Diaz è un modo per farlo.
Non è l'unico, però. Da Wikipedia si possono facilmente trovare anche questi:

  • Le strade di Genova - Documentario di Davide Ferrario (2001)
  • Solo limoni - Documentario di Giacomo Verde (2001)
  • Genova per noi - Documentario di Roberto Giannarelli, Francesco Ranieri Martinotti, Paolo Pietrangeli, Wilma Labate (2001)
  • Bella ciao - Documentario di Marco Giusti e Roberto Torelli (2001)
  • Black Block - Documentario di Carlo A. Bachschmidt (2011)
  • Maledetto G8 - Documentario allegato al settimanale L'Espresso (2002)
  • Carlo Giuliani, ragazzo - Documentario di Francesca Comencini (2002)
  • Il seme della follia - Documentario di Roberto Burchielli (2003)
  • Genova 2001, G8 - Puntata della trasmissione televisiva Blu notte (2007)
  • Il vertice maledetto - Puntata della trasmissione televisiva La storia siamo noi (2008)
  • Fare un golpe e farla franca - Documentario a cura di Enrico Deaglio e Beppe Cremagnan (2008)
  • G8 - Cronaca di una battaglia - Carlo Lucarelli (2008)
  • Rassegna di video a cura del Comitato Piazza Carlo Giuliani o.n.l.u.s.
  • Rassegna di video a cura del sito processig8.org
  • Rassegna di video a cura del progetto new global vision


Visto che moltissimo materiale è andato perso e requisito, dobbiamo per forza affidarci a tutto il reperibile, dal filmino al documentario. Nel 2007 molti disegnatori italiani, Alessio Spataro, Filippo Scòzzari, Marco Corona, Maurizio Ribichini, Zero Calcare, io etc... aderirono ad una raccolta di tavole da vendere per contribuire a finanziare tramite un'asta, il gruppo indipendente di avvocati "supporto legale", tuttora attivo. Gli ho fatto 6 tavole, 4 le trovate qui sotto. Fosse per me farei un'asta al mese.

Ci sono tantissime responsabilità in questa vicenda, da chi ha scelto Genova, a tavolino una trappola per topi, per il G8. A chi ha scritto perché pagato per farlo, a chi ha insabbiato, a chi ha menato e distrutto, fino a noi che non siamo ancora stati capaci di affrontare l'argomento come una falange compatta con la giusta determinazione.
Il compito di quelli che, come me, hanno visto i filmati prima che venissero distrutti ma soprattutto hanno visto gli uomini fare cose terribili, è quello di raccontare, con tutto il distacco possibile, la propria esperienza. La musica potrebbe esserci di esempio, è uno dei più grandi patrimoni dell'umanità ed è stata tramandata per anni indelebilmente, per tradizione orale, forse un giorno riusciremo a farlo anche con la civiltà.








p.s.

C'è chi dice che "è un episodio successo in quei giorni di follia collettiva a Genova".
La follia non dovrebbe essere collettiva fino a coinvolgere anche lo stato, perché se così fosse, tanto varrebbe instaurare una bella anarchia, nella quale muoio io, ma muori pure tu.

1 commento:

Anonimo ha detto...

al castel di..?